PangoGeeks nasce come community da giocatori per giocatori, il primo post perà lo voglio dedicare al lato oscuro dei videogiochi. No, non la Fog of War sulla mappa degli RTS, bensì la dipendenza da videogiochi e i relativi “sintomi” da non trascurare. Passare ore davanti allo schermo, immerso in un mondo avventuroso a finire quest o costruire imperi è uno dei piaceri della vita. Il problema sorge quando questo piacere diventa il centro della propria vita, attorno al quale tutte le altre attività, tra cui lavarsi o lavorare, diventano funzionali al videogioco o intralci ad esso.
Non entrerò troppo nel dettaglio di come ho iniziato a sviluppare una vera e propria dipendenza per il giochi, nello specifico del PC. Né mi concentrerò sui titoli dei videogiochi che più ho preso come una vera e propria sfida morbosa. La mia speranza è che qualcuno dei lettori possa ritrovarsi negli stessi segnali da dipendenza che ho sbagliato a trascurare, aiutandolo ad arrivare alla consapevolezza, primo passo di qualsiasi percorso di cura.
Provavo vergogna e sentivo la necessità di nascondere la mia attività di videogiocatore
Le poche volte che uscivo di casa se non per necessità lavorative o di studio e mi incontravo con amici per una birra o una cena fuori, cercavo di evitare accuratamente l’argomento videoludico. A volte i miei stessi amici lo introducevano, magari parlando proprio del gioco che stavo giocando in quel momento, ma io facevo finta di niente, arrivando anche a mentire spudoratamente e dire che non l’avevo mai provato. Sentivo come un senso di vergogna e quasi sporcizia interiore ad ammettere che non solo l’avevo provato ma l’avevo finito al 100% con tanto di lettura accurata dei titoli di coda!
Un’altra manifestazione di questo senso di colpa era il nascondere il mio status di “attivo” sulle maggiori piattaforme o nella chat in-game. Non volevo in alcun modo far capire di essere spesso collegato al gioco di turno. Che cosa avrebbero pensato di me se, a 20-25 anni suonati, avessero saputo che la mia attività principale in tutto il giorno era giocare al computer?
Provavo rabbia quando perdevo ed euforia quando vincevo
Quando cominciavo a rendermi conto del mio attaccamento morboso ai videogiochi notavo che il mio umore generale seguiva le mie performance nei giochi che giocavo in quel momento. Sopratutto nei periodi di dipendenza a giochi altamente competitivi e oggetto di e-sport quali League of Legends, i miei rapporti personali con la mia famiglia e i miei amici erano buoni e solari quando vincevo una partita. Al contrario, dopo aver perso una partita o, peggio, una serie di partite, esplodevo di rabbia facilmente ad una semplice battuta o domanda. Quando però smettevo di giocare anche solo per qualche ora vedevo che il mio umore tornava su livelli standard, senza picchi di euforia o irritazione.
Trovavo un vero scopo solo giocando
Se c’è una cosa che i videogiochi fanno generalmente bene è quella di darti uno scopo, un obbiettivo, quello che gli anglosassoni chiamano “purpose”. Non voglio addentrarmi in discussioni al limite del filosofico ma trovare uno scopo nella vita, specialmente nel lungo termine, è compito arduo e faticoso, tanto che molte persone o non lo trovano mai o, quando pensano di averlo trovato, lo mettono sempre in discussione.
I videogiochi suppliscono a quello che dovrebbe essere il compito personale di ciascuno. Racchiudendo il mondo nel piccolo mondo del gioco (per quanto molti RPG abbiano spazi sconfinati da esplorare) darti uno scopo diventa facilissimo, che sia quello di finire il gioco stesso o di scalare le classifiche dei migliori giocatori. Così facendo, almeno finchè giochi puoi dimenticare il mondo reale, sconfinato, caotico e noioso, focalizzandosi invece sull’obbiettivo dato dal gioco stesso, così preciso, avventuroso e gratificante. Il problema è quando si raggiunge lo scopo o quando ci si rende conto che al di fuori del videogioco c’è il mondo, quello sì veramente spietato, che ci aspetta. Allora iniziano vere e proprie crisi di panico o di “down”, dalle quali si esce solo quando arriverà un nuovo gioco a darci un obbiettivo ancora più avvincente! Il ciclo così ricomincia, facendoci sempre più precipitare nella dipendenza da videogiochi e rendendo sempre più intollerabile i momenti in cui siamo costretti a pensare al mondo reale che ci circonda.
Ho sempre la scusa pronta per giustificare il gioco
Ogni qualvolta facevo partire il gioco sul pc lo facevo giustificandomi sempre in modo puntuale. C’era sempre una ragione inconfutabile e granitica per la quale in quel preciso momento potevo o addirittura dovevo giocare al videogioco di turno! Ad esempio, avevo appena finito di studiare un concetto di programmazione e fatto con successo un breve esercizio che lo mettesse in pratica: è il momento perfetto per aprire il gioco e fare una “breve” sessione di gioco. In fondo me lo merito, ho appena studiato per 15 lunghissimi minuti!
Ancora, dovevo attendere una mail o un messaggio da un collega per istruzioni su come andare avanti su un ticket o un progetto: è il momento perfetto per giocare! D’altronde sto aspettando una risposta, non posso fare niente comunque!
Riconoscere la dipendenza da videogiochi passa anche da questi piccoli stratagemmi all’apparenza banali ma che in realtà celano una mentalità completamente assorbita e asservita alle logiche del vizio e della dipendenza!
Allontano o mi tengo alla larga dalle persone che vogliono aiutarmi
Questo è il segnale probabilmente più doloroso a cui fare attenzione. I miei genitori, con cui vivevo all’epoca, arrivati ad un punto in cui uscivo di casa solo per fare gli esami all’università, spesso mi consigliavano di abbandonare i giochi e di andare fuori con gli amici o anche da solo per una semplice camminata. Essi capivano benissimo di quanto io fossi dipendente da videogiochi e cercavano solo di propormi delle alternative molto più salutari per spendere il mio tempo. Le mie risposte però li congedavano o con stizza o con supponenza, senza realmente prendere sul serio il contenuto delle loro proposte. A posteriori, avrei preferito prendere voti peggiori agli esami, forse i loro suggerimenti sarebbero diventati più delle minacce e mi avrebbero costretto a smettere di giocare; altrimenti mi avrebbero buttato fuori di casa o avrebbero smesso di pagare la retta.
Conclusione
Scrivere questo post non è stato facile vista la vergogna che ancora oggi provo per riconoscere come la dipendenza da videogiochi abbia occupato una fetta importante della mia vita. Oggi che ne sono uscito faccio molta attenzione ad analizzare i miei comportamenti per non ricadere nella spirale della dipendenza, come se avessi memorizzato il percorso per sorpassare un campo minato. Inoltre, mi aiuta il fatto che crescendo le responsabilità sono aumentate e il tempo da dedicare ai videogiochi è diminuito, sebbene questo sarà argomento di trattazione per un post futuro.
Se anche voi vi siete ritrovati in uno di questi comportamenti o ne avete altri da segnalare scrivetelo nei commenti e parliamone. Aiutarsi a vicenda semplifica qualsiasi percorso di cura e aiuta a non sentirsi mai soli nei momenti più bui.
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